Storia di Letizia

Letizia Pifi nasce il 31/7/2003 da Luciano e Annalisa con un parto naturale senza complicazione raggiungendo così Desirèe nella famigliola che risiede a San Giorgio a Liri. La sua crescita è pressoché regolare anche se è segnata da un leggero sottopeso dovuto a un’inappetenza sviluppatasi a seguito di banali allergie ai vari tipi di latte nella prima crescita,ma questo non le preclude un normale sviluppo psicomotorio e difatti a diciotto mesi frequenta regolarmente l’asilo nido del suo paese.
Dal settembre 2006 comincia a frequentare la Scuola dell’Infanzia e tutto sembra avviarsi a una normale fanciullezza quando alla vigilia del Natale scorso viene colpita da convulsioni febbrili che si ripeteranno all’inizio del 2007. Gli effetti delle convulsioni sembrano non lasciare traccia se non in una persistente perdita di equilibrio estemporanea e senso di spossatezza, giustificabili con l’assunzione di Valium durante le cure ma che a distanza di tempo, fine gennaio inizio febbraio,non terminano anzi si accentuano costringendo i genitori a rivolgersi al San Raffaele di Cassino dove vengono prescritti subito accertamenti particolareggiati e atti a scoprire in varie tappe e passando per vari ospedali una terribile diagnosi.
Dopo dei test anti-celiachia svolti al Sant’Andrea di Roma è la volta del San Raffaele di Roma dove il 3 maggio 2006 dopo la risonanza magnetica encefalica la realtà appare per quella che è: si sospetta una forma di leucodistrofia detta metacromatica,una patologia detta degenerativa per il fatto che il bambino che ne viene colpito perde mano a mano le funzioni vitali come il camminare,il parlare, la vista l’udito e le facoltà cognitive fino a spegnersi in uno stato vegetativo e il successivo decesso.
La situazione è grave e non c’è tempo da perdere. Infatti il 9 maggio Letizia viene ricoverata al Gaslini di Genova dove dopo dieci giorni e gli esami del caso la diagnosi viene confermata. Esclusa quasi subito l’ipotesi del trapianto di midollo,che non avrebbe portato benefici e avrebbe esposto la bambina a guai peggiori,l’attenzione della famiglia si concentra nel raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sulla patologia e mediante la rete informatica scopre che a Camden (New Jersey) una ricercatrice italiana, la Dr.ssa Paola Leone ha messo a punto una terapia genica sperimentale che potrebbe bloccare le conseguenze degenerative di questa malattia.
Subito contattata, la ricercatrice si conferma disponibile a mettere a parte dei suoi studi anche Letizia a patto che da Genova giungano a disposizione i risultati degli esami della Dr.ssa Di Rocco che sono fondamentali per stabilire la terapia genica e i dosaggi relativi.
Il 6 luglio 2007 la famiglia Pifi al completo parte per il New Jersey dove Letizia, insieme ad altri bambini colpiti da Leucodistrofia metacromatica, dovrà sottoporsi ad analisi per poter cominciare la terapia.
Stranamente i primi esami danno assenza di sulfatidi, che sono la condizione base della presenza di MLD e anche la Dr.ssa Assadi alla prima visita pensa che la piccola non abbia la Metacromatica ma forse un altro tipo di leucodistrofia (forse la Krabbe) il che vorrebbe dire che Letizia non potrà partecipare alla sperimentazione.
Infatti cosi è perché nonostante la risonanza effettuata a Philadelphia certificasse la Metacromatica il successivo esame di mutazione genetica svolto a Rostock in Germania toglie ogni dubbio dando per certa la Leucodistrofia di Krabbe. A questo punto diventa fondamentale l’apporto del Dr.Marichal che, prima di partire, ci aveva assicurato che in presenza della sequenza genetica ci garantiva dei risultati positivi provenienti dall’omeopatia.
Intanto Letizia viene visitata dal Dr.Jovine a Campobasso e infatti le medicine naturali che gli vengono prescritte unitamente a una robusta dose di fisioterapia rimettono in sesto la bambina che si rialza in piedi e comunque conserva tutta la sua lucidità, condizione tuttora attuale.
La bambina comunque risente dell’avanzare della malattia perché le caviglie sembrano cominciare a cedere e l’avanzare della salivazione non fa presagire nulla di positivo; intanto si continua la consultazione di specialisti che a volte, come nel caso con un luminare del Bambin Gesù, sembrano rigirare il coltello nella piaga e volerci convincere a una sana rassegnazione condita da un percorso di terapia psicologica per noi genitori… ma per questo c’e’ ancora tempo.